Commentary

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Aborto

Le normative sull'aborto delle legislazioni nazionali appaiono molto arbitrarie e poco coerenti. Esponiamo tre teorie logiche e razionali sull'aborto.

Cosa è l’aborto

Aborto: interruzione volontaria della gravidanza, che avviene in un momento qualsiasi compreso tra il giorno del concepimento e quello della nascita del feto.

L’aborto è concesso in Italia e nel mondo?

In Italia e in quasi tutte le nazioni del mondo, l’interruzione di gravidanza è permessa, ma può essere esercitata solo entro un determinato periodo della gestazione.

In Italia ad esempio, è possibile interrompere la gravidanza solo nei 90 giorni successivi al concepimento (Legge 194/1978).

Quindi l’aborto è concesso, ma solo fino a un determinato giorno stabilito dal legislatore, che varia da nazione a nazione.
In nessuna nazione del mondo risulta essere presente una normativa giuridica che consenta l’aborto senza condizioni fino al giorno del parto.

Ogni Nazione ha disposto un termine differente entro il quale poter esercitare l’interruzione di gravidanza. Tale termine viene inventato dai legislatori di volta in volta, in base a decisioni politiche e sociali.
I legislatori fissano un determinato giorno della gestazione, per ipotizzare il cambio di stato del feto da “cosa” ad “essere vivente”, basandosi sullo sviluppo del sistema nervoso centrale.
Tale criterio è del tutto arbitrario perché non esiste al mondo, alcuno studio scientifico che dimostri in modo oggettivo cosa sia la vita, tanto meno quindi, possiamo determinare in modo oggettivo quando la vita abbia inizio e fine, in un agglomerato di cellule.

Pertanto, tutte le disposizioni legislative sull’aborto delle varie nazioni, non paiono basarsi su dati di fatto certi ed oggettivi.

Capacità di sopravvivenza autonoma del feto

Alcune legislazioni, per stabilire il limite entro cui è possibile esercitare l’aborto, prendono in considerazione la capacità di sopravvivenza autonoma del feto. Tale termine in genere è tra la 22° e la 24° settimana di gravidanza.
Tale termine è variabile, non univoco e non completamente oggettivo, pertanto non applicabile in una legislazione che aspiri ad essere razionale e coerente.

Le tre teorie possibili sull’aborto

Dal punto di vista logico, le uniche tre teorie possibili sull’aborto sono le seguenti:

  1. Il feto è un essere umano
    Di conseguenza l’interruzione della gravidanza, anche il giorno successivo al giorno del concepimento, determinerebbe il reato di omicidio doloso.
  2. Il feto è un essere vivente, ma non è un essere umano
    Di conseguenza l’aborto, esercitato in qualsiasi momento della gravidanza (sia al “giorno uno” che al giorno del parto), non determinerebbe reato.
    Alcune nazioni però, come l’Italia ad esempio, prevedono una pena nel caso si uccida un animale per crudeltà o senza necessità (art. 544bis del codice penale).
    Quindi, salvo il caso di necessità (per esempio pericolo di salute per la madre), l’aborto determinerebbe l’applicazione della pena prevista dall’art. 544bis del codice penale.
  3. Il feto non è un essere vivente
    Di conseguenza la legge dovrebbe prevedere che si possa abortire fino al giorno del parto senza che si confuguri alcun reato.

Quando il feto diventa umano?

Nel secondo e nel terzo caso che abbiamo appena visto, il feto non è un essere umano sin da subito, pertanto occorre stabilire quando diventi umano e quindi quando la sua uccisione determini il reato di omicidio.
I casi possibili sono solo due:

  1. Con la fuoriuscita del feto dalla gestante.
  2. Con il taglio del cordone ombelicale.

Con l’avvenimento di uno dei due eventi, il feto diventa umano. Non si vedono altri eventi oggettivi che possano determinare in modo oggettivo il cambio di stato del feto da “essere vivente/cosa” ad “essere umano”.

Conseguenza della legalizzazione dell’aborto

Qualora l’aborto fosse concesso, anche solo per un lasso di tempo, ad esempio entro le prime 4 settimane dal concepimento, ciò determina una conseguenza giuridica/logica che sembra non essere mai stata presa in considerazione.
In quel periodo di tempo infatti, dovrebbe essere possibile danneggiare il feto senza conseguenze giuridiche. Ciò in quanto il feto non è riconosciuto come essere vivente, essendo infatti “abortibile”.

Qualora ad esempio, la gestante decidesse di drogarsi durante il periodo in cui è possibile esercitare l’aborto, non potrebbe essere imputata di alcun reato né tanto meno biasimata socialmente o moralmente.
In caso contrario infatti, ci troveremmo di fronte ad una illogicità per cui sarebbe possibile uccidere il feto, ma non sarebbe possibile danneggiarlo lasciandolo in vita.

Incoerenza sull’uccisione di feti non umani

Un’altra incoerenza evidente nei sistemi legislativi occidentali, riguarda la differenza di trattamento tra l’uccisione di un feto umano e di uno non umano.

Paradossalmente infatti, allo stato attuale, in Italia, uccidere un feto umano nella prima settimana di vita, non configura alcun reato, ma uccidere un feto di un uccello (cioè le uova), o anche solo rubarne il feto, configura la fattispecie di un reato.
Fonte: Stato Italiano

L’aborto dei “figli anche di altri”

Se giuridicamente, si concede ad una donna di abortire, occorre valutare attentamente le conseguenze logiche che ne derivano, per evitare che la legislazione sia illogica e incoerente.
Se infatti, si permette alla donna di abortire in modo del tutto discrezionale, occorre ricordare che il feto è anche figlio del padre per l’ordinamento giuridico.
Pertanto, si sta permettendo ad una persona, di abortire il figlio “anche di altri”.

Ma se si concede l’aborto del “figlio anche di altri”, occorrerebbe poter permettere anche all’uomo di abortire i “figli anche di altri”, pertanto, anche l’uomo dovrebbe avere la possibilità puramente discrezionale, di far abortire la donna incinta del proprio feto, anche qualora quest’ultima non fosse d’accordo.

Il caso della maternità surrogata (gestazione per altri)

Si segnala che, nel caso di gestazione per altri, se la donna gestante ha il diritto di abortire un figlio che non è geneticamente suo, ciò può comportare delle incongruenze giuridiche che vanno prese in considerazione durante la normazione.

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